Il Territorio

L'età moderna e il feudalesimo di Pietro Bellit

L'età moderna di Monastir trascorse con il feudalesimo di Pietro Bellit e dei Bou Crespi di Caldura, fino all'avvento di Carlo Alberto nell'Ottocento.

Monastir, antico borgo a nord di Cagliari, subì varie dominazioni straniere durante il Medioevo, passando dal Giudicato a Pisa fino agli Aragonesi nel Trecento. Nel 1455 il paese fu concesso come feudo al mercantecatalano Pietro Bellit, rampollo di un’antica famiglia di commercianti trasferitasi in Sardegna nel corso del Quattrocento e con grande disponibilità finanziaria, tanto che insieme a Monastir acquistò anche i terreni di Siliqua e di Baratili.

 

La dinastia dei Bellit decadde fino all’estinzione nel Seicento, ma la condizione di Monastir non mutò: ad essi subentrarono, in epoca sabauda, i Bou Crespi di Caldura, che sarebbero rimasti fino all’abolizione del feudalesimo negli anni Trenta del XIX secolo. A realizzarla fu Carlo Alberto, secondo le leggi allora in vigore e non per via di un’insurrezione popolare: dapprima, nel dicembre 1835, fu censito ogni territorio e i rispettivi redditi, poi nel maggio 1836 lo stato acquisì il diretto controllo del territorio indennizzando i feudatari, infine nel 1837 vennero promulgate leggi che regolavano il riscatto da parte dei privati.

 

Contrariamente alle intenzioni della monarchia, la liquidazione colpì soprattutto i cittadini più poveri e avvantaggiò gli storici feudatari spagnoli, titolari della maggior parte dei beni. Lungi dal traghettare la Sardegna verso la modernità, tale procedimento fu comunque l’inizio di un cambiamento sociale per l’Isola, i cui effetti sarebbero perdurati ben oltre l’inclusione nel Regno d’Italia, nel 1861.

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